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Il canto veneto è generalmente corale, anche se talvolta viene intonato da un solista al quale via via si aggiungono le altre voci. Le opportunità di cantare certo non mancavano né l'esecuzione era stereotipata, ma vivace e mutevole a seconda delle occasioni. Si cantava durante e dopo il lavoro in montagna e nei boschi, durante la vendemmia poi era d'obbligo cantare per non mangiare l'uva. Anche nelle fornaci si cantava e non solo per passatempo, ma per creare un coordinamento di squadra e rendere il lavoro più sopportabile. Si cantava anche nei teatri paesani che diventavano delle vere operette e contribuivano così alla diffusione del canto. Nei filò, nelle osterie, nelle ore tarde, dopo una nozze o una "sagra", allora si scatenavano gli istinti canori più autentici e disinibiti, allora non si badava più alle restrizioni morali imposte dalla chiesa o dalle convenienze sociali, esplodeva il vero canto popolare in tutta la sua genuinità, tra un coro epico e solenne e uno scatenato e sguaiato fino allo scanzonato o al disdicevole. Si manifestava tutta la forza liberatoria di questo rito popolare che proprio per questa libertà è stato etichettato come "Volgare"
Gli strumenti musicali possono essere divisi in due grandi categorie: i professionali (durevoli) e gli effimeri, (occasionali). Tra i primi va ricordata la baga veneta che però è caduta in disuso da lungo tempo senza lasciare tracce, se non nei modi di dire. Era composta da un sacco di pelle munito di un bocchino e due pive, una di canto e una di bordone. Una buona fortuna hanno avuto anche il mandolino e il violino, strumenti che qualche buon falegname riusciva a costruirsi in casa, più rara la chitarra, mentre l'uso di strumenti bandistici per accompagnare il canto non è documentato. Per le percussioni era usto il " thimpano " ( cembalo ) di tipo veneziano di grandi dimensioni e con pochi sonagli incastrati nella cassa. Tra gli strumenti occasionali o effimeri ricordiamo anzitutto le pive, una specie di flauto dolce costruito con la corteccia di castagno e munito di fori o più spesso di stantuffo per variare il suono. Tenendo teso davanti alla bocca il bordo di una foglia di edera si otteneva un suono simile a quello di uno strumento ad ancia con una buona estensione e sonorità. Ancora più originali erano altri due strumenti da accompagnamento: il primo si otteneva infilando per il manico tre cucchiai dentro il collo di una bottiglia che poi veniva percossa e il secondo sfregando a mo' di archetto di violino il "palo di ferro" contro il bordo di un tino, naturalmente quando era vuoto; Ne usciva un suono cupo e profondo che si udiva anche a distanza